Se
produci le armi devi metterle in vendita. Con le armi avviene come per
l’azzardo. Vale la legge individuata da Jean Baptiste Say, dominante in
economia prima di Keynes: l'offerta è sempre in grado di creare la propria
domanda. Insomma non comanda il consumatore e non può esercitarsi la sovranità
del “voto con il portafoglio” perché chi ha il potere di immettere sul mercato
certi prodotti ne induce anche il consumo. Pertanto bisogna reintrodurre e
prendere coscienza, in campo economico, della categoria del potere. Non esiste
solo la libertà astratta degli individui ma gli assetti di potere. Se si vuole
cambiare bisogna rimettere al centro un lavoro politico in senso alto, la
necessita di lottare e di fare “la buona battaglia”.
La
giustificazione comune, che comunque altri venderebbero armi al nostro posto, è
una pessima tesi che dimostra la miopia politica di cui soffre l’Italia. Non si
esce dalla crisi affidandosi alle armi e all’azzardo. Bisogna denunciarlo in
tutti i modi, con gesti forti, come lo sciopero della fame, vincendo il muro di
silenzio dei principali media che sono condizionati dalla politica e da altri
interessi. Farsi guidare nelle scelte strategiche dalla misura di un Pil che
ormai incorpora illegalità, azzardo e armi vuol dire che l’Italia sta
peggiorando, siamo un Paese che sta minando le fondamenta etiche del patto
sociale. Bisogna riparlare della pace come categoria che informa tutti gli
aspetti della vita. Un Paese non può vendere l’anima. Dobbiamo protestare e
diventare costruttori di pace a tutti i livelli.
Luigino Bruni
economista su Città Nuova ottobre 2015
economista su Città Nuova ottobre 2015
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